martedì 31 marzo 2020

UNO STUDIO CINESE SUI RAPPORTI TRA VIRUS E POLVERI SOTTILI


Facendo seguito alla pubblicazione del  Position Paper redatto dalla Società Italiana degli Studi Ambientali, dall'Università di Bari e da quella di Bologna, vorrei porre alla vostra attenzione uno studio di alcuni scienziati cinesi che hanno fatto chiarezza sul rapporto tra virus e polveri sottili.
Purtroppo lo studio è in inglese, ma mi pare agevole da leggere.

LEGGI QUI LO STUDIO

SABATO 4 APRILE , ORE 18.00, INCONTRO VIRTUALE: "CON QUALI REGOLE DIFENDERE L'AMBIENTE"


Sabato prossimo, alle ore 18,00 grazie all'Associazione Movimenta (clicca qui se vuoi maggiori informazioni) sarò con Sara Fariello e molti altri amici in videoconferenza, per parlare di difesa dell'ambiente. Partecipare è molto semplice, basta scaricare l'applicazione zoom e poi: clicca qui se sei interessato. In alternativa puoi scrivere alla mail indicata in locandina.
L'incontro nasce da un approfondimento che l'associazione Movimenta sta conducendo sul tema della gestione dei rifiuti. A me piacerebbe riflettere sui sistemi di difesa legale e sugli effetti dell'inquinamento. Sarei molto contento se partecipaste in tanti, anche perché è proprio indispensabile, in tempi così difficili, costruire saperi comuni.

lunedì 30 marzo 2020

Intervista ad Antonella Mancusi: riflessioni per fronteggiare il vuoto


Ed ecco una nuova intervista ad Antonella Mancusi. Alcune delle cose qui scritte le troverete approfondite nel suo  bel libro (se vuoi sapere di cosa parlo clicca qui).
E' importante non rimanere in balia del pensiero superficiale ma andare in profondità. Direi che in tempi così difficili ciò è doveroso. Così vi invito a leggere quest'interista. E' un tentativo di decodificare cosa sta accadendo. Buona lettura.


In un tempo così complesso e per certi versi drammatico, come interpreti l’arrivo di medici cubani e da molti altri Paesi?


Può riecheggiare dissonante, data la drammaticità di questi giorni, le innumerevoli vittime inconoscibili, irraggiunte, incompiante, ma alcune circostanze di questo tempo impietoso mi ricordano ciò che Kant intendeva quando faceva riferimento a una certa manifestazione del Sublime. Si fa esperienza del sublime per Kant a contatto con le tumultuose manifestazioni della natura, quando l’uomo sperimenta l’immane che lo travalica annientando il piccolo Io e si lascia pervadere dall’immenso che lo oltrepassa.
Il bello attrae, il sublime commuove. Il sublime è nella natura, ma anche nell’uomo che sceglie di essere profondamente “morale” anche quando non gli conviene, anche quando è difficile, anche se nessuno lo ringrazierà, anche se forse morirà per questo.
Se l’essere umano fosse programmato per ciò che è universalmente giusto non sarebbe libero di scegliere di essere morale, di agire con l’audacia del cuore, l’istinto tenace verso un fine che lo eccede.
Molte volte in questi giorni stiamo facendo esperienza del sublime, tutte le volte che arranchiamo  per tutelare più gli altri che noi stessi. E sublime mi è apparsa l’avanzata dei medici cubani, cinesi, russi, albanesi in ribalta negli aeroporti italiani per sostenere i colleghi in prima linea nella cura, mentre tornano fantasie, seppure anacronistiche e improprie, su antiche attese della rivoluzione imminente. Sublime è il cambio di rotta a cui ci è dato di assistere in questi giorni, le strade vuote liberate dall’uomo che frena gli artigli della sua arroganza e lascia che la natura gli attraversi di nuovo davanti.

Dalle ultime interviste fatte, come quella al Prof. Ugo Mattei, al Prof. Carlo Iannello ed al Prof Giso Amendola emerge che un tratto comune del nostro tempo è il nodo controllo/libertà. Tu cosa ne pensi?

Kρίσις deriva dal verbo κρίνω: separare, dividere, giudicare, decidere. Se vogliamo veramente che la crisi diventi un’opportunità di cambiamento bisogna decidere che tipo di domande  porsi. Come ricordava Ernesto de Martino il problema non sembra più essere “perché l’uomo sia al mondo”, ma come l’uomo  possa e debba ritornare ad esserci.
Se è vero, come scrive Ernst Junger, filosofo e scrittore tedesco vissuto nel periodo delle due guerre mondiali, che la storia si ritrova nell’«impronta che l’uomo libero dà al destino», in ogni momento di cambiamento, seppure tragico, il problema della libertà non può essere sospeso. Controllo, destino, libertà sono tre parole che si impongono al tempo del Covid-19, ma sembra si affrontino con remore etiche, indugiando  per un certo pudore dell’emergenza.
Credo invece che ogni cittadino pensante, soprattutto in momenti come questi, non debba rinunciare al diritto di valutare ed eventualmente criticare le norme circostanziali imposte. Per quanto, da cittadina di un Paese in difficoltà, ritengo che sia doveroso rispettare rigorosamente le norme risolutive emesse da chi ne ha le competenze, credo sia altrettanto necessario salvaguardare il senso critico che difende la nostra libertà di reinventarci, di ripartire quando finalmente ci approssimeremo a svoltare pagina.
L’appello alla responsabilità collettiva è stato accolto diffusamente, il distanziamento sociale, salvo nei contesti dove problematicamente inapplicabile, è  largamente rispettato anche dove esistono configurazioni urbane che ne impediscono la fattibilità  Quasi tutti, insomma, si stanno sforzando di rispettare le norme restrittive. Ma nel proteggere, giustamente, alcune persone fragili, l’attenzione pubblica sta trascurando altre forme di fragilità per le quali sarebbe necessario cercare delle soluzioni.
Un po’ di attività fisica al giorno svolta in isolamento, nel rispetto delle distanze, gioverebbe alla salute, anche a quella emotiva e mentale, rafforzerebbe il sistema immunitario e non inciderebbe sul contagio. Impedire alle persone di fare una mezz’ora d’aria azzera anche i già difficili tentativi di fare una telefonata  per denunciare senza pericolo una violenza subita in casa.
Judith Butler nelle prime pagine del suo libro, “Critica della violenza etica”, sulla scia di Adorno, inizia il discorso insistendo sulla necessità di contestualizzare il valore delle norme considerando le esigenze e i comportamenti reali delle persone oltre ogni pretesa universalizzazione.
La responsabilizzazione eccessiva del cittadino nasconde le falle di un sistema sanitario straordinario nella sua vocazione pubblica, che nel tempo è stato mortificato e massacrato dalla colpevole defocalizzazione politica sulle criticità specifiche, per rincorrere tutt’altri obiettivi. Si assiste oggi al paradosso sconvolgente che per carenza di dispositivi di sicurezza chi ha il dovere di salvare gli altri non ha diritto di salvare se stesso. E’ tuttora difficile far circolare anche semplicemente delle mascherine chirurgiche che usate correttamente  avrebbero forse potuto fin dall’inizio limitare la carica contagiosa degli asintomatici, senza cedere all’illusoria sensazione di sicurezza personale. Credo possa  essere importante potenziare i servizi a domicilio per ridurre l’affluenza ai supermercati che restano comunque luoghi di assembramento. I percettori del reddito di cittadinanza, quanti, di loro sono stati selezionati a partire da competenze adatte per fronteggiare situazioni di un'emergenza come questa, potrebbe essere reclutato per aiutare le fasce più deboli, svolgendo lavori di pubblica utilità come consegne a domicilio nel rispetto dei dettami della massima sicurezza, supportando i tanti volontari spesso privi delle competenze adatte per fronteggiare la situazione.

Va emergendo una nuova supremazia delle tecnologie. Anche la tecnologia giuridica, plasmata dallo stato d’emergenza, non fa eccezione. Tu cosa ne pensi?

Sulla scia del modello di contenimento utilizzato in Corea del Sud si sta ragionando sulla possibilità di attuare un tracciamento dei contagiati, attivando una applicazione che possa monitorare movimenti, interazioni e stato di salute delle persone.
Credo che ogni provvedimento andrebbe contestualizzato storicamente e culturalmente. Il nostro sistema politico considera alcune pratiche, per le quali oltretutto non ne è appurata la fattibilità e l’efficacia nel contesto specifico, non legittime. Se davvero in uno Stato democratico i dati sensibili possono essere trattati senza  consenso, per motivi di interesse pubblico, come nel caso di grave minacce per la salute, bisognerebbe discuterne, anche perché le misure a breve termine prese in periodi di emergenza rischiano di durare anche oltre i tempi convenuti.

Il distanziamento ci porta ad azzerare in un colpo solo il nostro tempo sociale. In una condizione del genere dove esattamente siamo finiti?

Da tempo il contatto umano autentico tra gli individui è depotenziato. Oggi è severamente negato. Domani, con l’avanzare delle prassi di controllo e gli strascichi della paura, potrebbe essere collettivamente e volontariamente rifiutato. Il futuro sembra aprire due possibilità: la disintegrazione totale del sociale, l’esasperazione della logica individualistica o la rivitalizzazione del sociale e il ridimensionamento dell’Io che non riesce più a  concepirsi senza un Noi.
La reclusione prolungata può sganciare ulteriormente la persona dalle strutture collettive, può condurre a un ripiegamento nell’Io che rifiuta totalmente un sociale sempre più disintegrato, fobico, replicatore di paure. Ma il ritiro può anche aiutare ad elaborare criticamente le separazioni imposte,  riconducendo ai bisogni e alle richieste reali, non più fuorviate e indotte dal sistema. Può condurre alla scelta del Noi. Il Noi della reciproca assistenza, della socialità dei borghi, della convivialità, della comprensione erotica, della vulnerabilità, che è condivisione della ferita, e della cura. Nello “sliding doors” che stiamo vivendo, spetta a ciascuno scegliere su quale treno salire.

La nostra pretesa di invulnerabilità è ormai al capolinea. La crisi ci sta conducendo verso una nuova visione? Cosa può essa stessa portarci a scoprire?

L’attrazione verso l’illusoria invulnerabilità di presunti sistemi autoritari di controllo abbassa la difese contro i potenziali effetti sociali di alcune misure sul futuro delle persone.
Nel potenziale logorio sociale che si profila all’orizzonte varrebbe la pena soffermarsi su una prospettiva attraverso cui guardare il futuro, nelle parole della filosofa Judith Butler.
La filosofa statunitense espone le sue riflessioni alla luce della crisi del panorama politico internazionale rimarcando l’urgenza di ripensare il rapporto tra “vulnus” e “potere” attraverso un’ontologia del presente segnata dall’esposizione all’altro. Mai come in questi giorni ci è data l’occasione di riflettere sul fatto che l’Io è da sempre un Noi. Ogni corpo non ha confini ed è contemporaneamente esposto e sostenuto dalle reti sociali e politiche. Da sempre strumentalizzata dal potere la comune vulnerabilità può diventare strumento per agire sul potere, ridimensionandone gli sforzi deliranti. In un potenziale capovolgimento di valori, la dimensione della vulnerabilità invece che rimossa andrebbe evocata come nuova prospettiva attraverso la quale  ripensare il futuro, anche economico, del nostro Paese. In una cornice interconnessa, globale, “iperattiva” gli squilibri determinati dai conflitti internazionali, interpersonali e -aggiungerei - anche interspecisti,  si amplificano compromettendo  la salute e la vita di tutti.
Bisognerebbe utilizzare i parametri della vulnerabilità per riprogettare il sistema Paese, riconvertendo i mercati sulla ricerca e il perfezionamento di tutto ciò che tutela prioritariamente la salute complessiva delle persone e dell’ambiente.
Dalla prospettiva della cura, che non necessariamente implica il sacrificio di sé, ma una certa passione dell’altro, si manifesta il valore della responsabilità verso il mondo, la natura, la biosfera, si smuovono forze inimmaginabili, si affranca una prospettiva planetaria che affida alla cura del mondo che potenzia se stessi il ribaltamento radicale delle logiche ammalanti di potere sull’altro.

sabato 28 marzo 2020

BAM: BRIGATA APPOGGIO MUTUO

Con l'incedere della crisi tutto si accentua. Da un lato gli egoismi. Dall'altro lato lo spirito cooperativo. Una nuova visione del mondo nasce proprio dalle tante reti di cooperazione sciale che, nonostante tutto, mettono al centro valori come la solidarietà.

venerdì 27 marzo 2020

PANDEMIA E STATO SOCIALE: NE HO PARLATO CON GISO AMENDOLA



Di Giso Amendola, Professore ordinario Alla Facoltà di Sociologia dell'Università di Salerno, lessi Costituzioni Precarie (clicca qui per sapere di cosa parlo). Il libro mi colpì. Ora ho avuto modo di chiacchierare con lui di biopolitica, stato sociale, epidemie e lotte. Vi invito ad ascoltare. 

martedì 24 marzo 2020

COVID 19 ED INQUINAMENTO. ECCO IL POSITION PAPER CHE FA IL PUNTO SULLE RICERCHE


L'effetto boost (le polveri sottili diventano un acceleratore del contagio) è sempre con maggior evidenza un dato scientifico. Agricoltura industriale ed inquinamento sono due fattori che stanno agendo in maniera combinata in un mondo interconnesso.
Vi invito a leggere questo position paper elaborato dalla Società italiana medicina dell'ambiente.

POSITION PAPER SCARICABILE QUI

domenica 22 marzo 2020

LETTERA ALLA LOMBARDIA DI MAURIZIO BRAUCCI


Vi invito a leggere l'articolo "Lettera alla Lombardia" del mio amico Maurizio Braucci perché centra la questione. 
Spesso la narrazione della pandemia, che si sviluppa nel quadro generale della crisi ambientale, è invece ridotta ad una sorta di fatalità o peggio, alla cattiva gestione di un mercatino in un angolo remoto del mondo. Bisogna approfondire e Maurizio ci aiuta in ciò.

Ps (date un occhio alle due mappe. Rappresentano entrambe la Spagna. L'una le sue zone industriali, l'altra le aree di diffusione del coronavirus. Facciamo un gioco: trovate le differenze).

sabato 21 marzo 2020

PANDEMIA, REGIME BIOPOLITICO ED AMBIENTE. NE PARLO CON ENZO FERRARA

Ho conosciuto (purtroppo solo virtualmente per ora) Enzo Ferrara grazie al mio amico Maurizio Braucci.
Ne è nata una chiacchierata tra  le più interessanti fin qui fatte. Enzo è un divulgatore scientifico formidabile. Ascoltate perché questa è roba che vi farà aprire gli occhi.

venerdì 20 marzo 2020

Intervista ad Antonella Mancusi autrice del libro "Presenza, essere dinanzi al mondo, essere dinanzi al vuoto"

Antonella Mancusi, autrice del libro Presenza, essere dinanzi al mondo, essere dinanzi al vuoto

Il libro di Antonella Mancusi Presenza, essere dianzi al mondo, essere dinanzi al vuoto, è denso di spunti di riflessione che possono essere preziosi in un momento storico così delicato. Vi invito a leggere l'intervista  ed ovviamente il libro


Come stai vivendo questi giorni di quarantena? Questo stato che riflessioni ha generato in te?
Talvolta spulcio su internet le riflessioni fuori dal coro alla ricerca di riscontri, altre sere invece smorzo i toni perentori, ritiro in casa anche i giudizi e mi lascio congedare dalla poesia in tutte le forme possibili. Non dovendo, per mia fortuna, gestire la malattia direttamente, ogni sera dopo le spettrali attività lavorative virtuali, spengo le luci, accendo una candela, una al giorno perché bisogna fare economia domestica di questi tempi, e condivido il mio umore musicale con i vicini.  “Prospettiva Nevski” di Battiato gli Almamegretta sono motivi ricorrenti.
Cerco, leggendo, di saltare qualche puntata in tv della serie “Covid 19” per non restare intrappolata dentro per sempre. E mentre la vita si ritira, osservo la natura raggiante che rivendica il suo spazio, colombi per strada, cani randagi attraversano il vuoto della città, in rivalsa sulle strade liberate
Credo che ad alcuni “rintanati” come me sia concessa l’opportunità di riscoprire una “libertà introversa”, dalle finestre sulla città, in sincroniche frequenze si riscopre il lato intimo della collettività. Fermarsi mentre tutti si fermano ha qualcosa di poetico, una concessione dell’universo, un sedativo cosmico per stroncare la gara a chi ha la vita più glamour, e per cominciare a comprendere il mondo attraverso la vita, non più la vita attraverso il mondo.
Ma è pur vero che non tutte le quarantene sono uguali. Purtroppo c’è chi deve costringere il proprio disagio psichico, intimo, familiare, sociale tra quattro mura domestiche e gli effetti a lungo termine di questa condizione potrebbero essere altrettanto devastanti. Il contagio è democratico, ma gli effetti, le cure e - a quanto pare - anche le misure che ne conseguono non lo sono mai state.

 Viviamo giorni in cui sta crollando il mito per cui l'uomo sta al mondo quasi fosse immortale, avendo stili di vita che non prendono inconsiderazione la possibilità che alterare gli equilibri naturali può generare delle apocalissi. Tu cosa pensi a tal proposito?
Credo che in questo momento si stia inscenando, nelle migliori cornici metereologiche, un vero e proprio cambio di paradigma epocale.  Si rimescolano i significati e i valori che hanno orientato le esistenze in questi anni, ogni cosa si riprende il suo posto. Ci tocca attutire la frenesia e l'insoddisfazione generazionale a cui un sistema di speculazioni economiche, rampantismi sfrenati e indaffaratissimi niente ci ha condannati per anni. Aspetti della vita si eclissano, altri irrompono; serve solo ciò che è strettamente necessario. Sentiamo direttamente nei nostri corpi sulle nostre vite i danni dell’inquinamento generati dall’uomo. Domande sullo sciacallaggio ambientale si impongono con  forza imminente, al futuro spetta il dovere di fornire risposte. 
 Siamo veramente nella condizione di dover scegliere tra tutela della salute e della libertà?
Questi giorni ci hanno impietosamente messo davanti una verità: è molto facile per tutti rinunciare alle proprie libertà civili per salvaguardare la salute anche se la minaccia per molti resta invisibile.
Credo che la legittima tendenza a responsabilizzare  il cittadino in questo momento ne nasconda un’altra molto subdola che mira a colpevolizzarlo. L’avallo di atteggiamenti accusatori e persecutori verso chi sia l’altro o vi diventa, sembra nascondere l’intenzione di rattoppare o occultare le falle pregresse di un sistema politico che inevitabilmente sta avendo ripercussioni su quello sanitario.
In un momento in cui generalmente gli italiani stanno dimostrando di rispettare le radicali norme vigenti mi sembra pretestuoso e anche paradossale continuare a insistere sull’irresponsabilità della gente acclamando anche l’eventuale ricorso agli eserciti.
 Nella mia città la caccia al nemico ha subito un’accelerazione allarmante. E’ toccata in rapida successione a neri, cinesi, codognesi, milanesi, meridionali del nord, incoronati, lettori di giornali, ciclisti, corridori,  fuochisti, fumatori, i goliardici che attenterebbero alla salute collettiva con comportamenti iniqui.
Non mi sembra che tanta apprensione si sia manifestata in passato di fronte a conclamati atti criminali verso l’ambiente e la società, a causa dei quali subiamo effetti patologici da anni.
Nell'emergenza sanitaria si innesta un regime biopolitico ( Focault)  implicazione diretta tra la dimensione della politica e la dimensione della vita deve piegarsi alle decisioni politiche per un scopo superiore ma non ci si può accanire contro i corridori solitari e lasciare un’ingente fascia della popolazione  lavorare senza essere messa in sicurezza. In questo intreccio di pandemie è indubbiamente difficile trovare un punto di equilibrio tra deriva sanitaria e deriva economica, sottovalutando oltretutto la dirompente deriva psichica, ma dirottare l’ansia collettiva contro nemici inconsistenti nasconde incongruenze inaccettabili.

Sul mio blog tento di rappresentare un'idea del cosmo come organismo vivente. Forse quest'organismo ha iniziato a percepire le nostre spinte antropocentriche come un vero e proprio virus da debellare. Che ne pensi?
Al di là delle varie  prospettive religiose ho sempre ritenuto  che il cosmo abbia delle regole, per ristabilire gli equilibri deve innestare nuovi processi. Così fu all'origine dei tempi, così risuccede ciclicamente. Ma purtroppo gli effetti non sono né prevedibili, né controllabili. Di certo l’allentamento dell’esuberanza antropocentrica che costringe all'autismo esistenziale e alla quotidianità isolata potrebbe risvegliare nelle persone un sentimento politico nuovo che insiste sulla necessità delle mediazioni e mutualità con l’altro e con l’ambiente, sulla “sintesi creativa” che riconosce  “l’interdipendenza della pluralità psichica e sociale” in rapporto con l’ambiente naturale.
Dove può condurre una società governata dalla paura?
Quando la paura per la salute ci agguanta, in uno stato di emergenza, distorce il pensiero e divampa in ferocia. Sull'onda emotiva, tutt'altro che empatica, i conflitti repressi esondano, ci si disfa senza remore del senso critico, del rispetto, si santifica la gogna come utile strumento di controllo, ci si inchina di fronte al pugno più forte, alla mano più alta, alla dichiarazione più violenta (Consiglio J. Butler, “Crisi della violenza etica”). Si tende a moralizzare il sé “decidendo” di “giudicare” senza appello l’altro. Le già poche libertà garantite, in uno stato di emergenza perdono importanza, si diventa poco vigili sugli abusi. Ogni circostanza estrema con norme e protocolli eccezionali rischia di impoverire la democrazia, gettando dentro la sua complessa macchina elementi "autoritaristici" e demagogici, prassi di controllo che nell'acritica acclamazione collettiva possono lasciare il passo a un processo di indebolimento del senso dei già vacillanti valori democratici.
Sarebbe interessante in futuro fare una riflessione anche su questo, perché una cosa è certa: nell'emergenza si gioca tutto, si può essere civili perdendo però la capacità di rimanere umani, si può dimostrare buon senso, sacrificando completamente il senso critico.

Nel tuo bel libro quasi fotografi l'essere umano sull'orlo di un abisso. C'è un modo per uscirne vivi?
Provo sentimenti inaspettati in questi giorni, provo una strana nostalgia o malinconia come se stessi a ridosso della fine di un tempo percependo lentamente ogni passaggio inesorabile. E’ come iniziare a disfarsi di qualcosa a cui siamo comunque affezionati, il distacco richiede i suoi tempi. La notte sogno di sostare sotto un ponte, con occhi rivolti alla vita che finalmente mi riattraversa. Ognuno di noi firmerà l’ultima pagina del capitolo della storia che stiamo scrivendo, ogni fine porta in serbo un ri-inizio.
 Per quanto i toni apocalittici appaiano pesanti e intimidatori, la dimensione apocalittica nel suo significato etimologico è tutt'altro che funesta. Apocalisse deriva dal greco ἀποκάλυψις (apokalypsis) composto di apò (“separazione”) e kalýptein (nascosto) indica un gettar via ciò che copre, togliere il velo. Apocalisse, dunque, sta per “caduta dei veli”. L’apocalisse culturale per Ernesto De Martino è una crisi comunitaria, che contiene in germe la rivelazione di un nuovo mondo e di un’esistenza migliore.
Nel ritiro sociale trabocca il sommerso, il sommerso dei conflitti intimi, sociali, politici. Il disvelamento del presente  fa apertamente luce su ciò che siamo diventati
Restare solidali nella paura ci permette di far valere una concezione universale di ciò che rende umani, la prospettiva condivisa della cura e della responsabilità verso l’altro, inteso, però, non solo come individuo che potenzialmente potremo infettare, ma come mondo, natura, biosfera che abbiamo a lungo infettato.
Riconoscerci solidali vulnerabili, interdipendenti ed esposti alla ferita e alla cura, mette in crisi le pretese di autosufficienza di un sé sovrano, auto fondato, onnipotente, vendicativo, protagonista assoluto di una storia di sopraffazioni.
Ormai credo sia chiaro che bisogna rispettare rigorosamente le norme vigenti per contenere il virus, ma è importante anche contenere la deriva socio-emotiva in tutte le sue forme per trarre insegnamenti da questo momento.
Accettare l’agitazione del momento ci consente di rallentare e dare inizio all’avventura del cambiamento. Nel ritiro si rievocano potenzialità rimosse, si riscopre l’energia rinnovabile della compassione, auto-generante e auto curante. Dal ritiro si può sprigionare un’incredibile energia nuova, calma, “ricettiva”, che amplia il nostro sentire, solleva e sospinge la coscienza ad avvistare la vita laddove a lungo è stata dimenticata.

giovedì 19 marzo 2020

COMBATTIAMO UNA GUERRA GLOBALE CONTRO UN NEMICO DI POCHI MICRON: L'INQUINAMENTO VEICOLO DI TRASMISSIONE DEL CORONAVIRUS


Combattiamo una guerra globale contro un nemico di pochi micron così inizia l'articolo che posto stasera sul rapporto tra inquinamento ed epidemia 


"Le alte concentrazioni di polveri registrate nel mese di febbraio in Pianura Padana hanno prodotto un boost, un’accelerazione alla diffusione del COVID-19. L’effetto è più evidente in quelle province dove ci sono stati i primi focolaiinsomma lettura altamente consigliata



mercoledì 18 marzo 2020

INIZIAMO A RIFLETTERE SUL RAPPORTO INQUINAMENTO-CRISI SANITARIA.


Una delle cause che ha reso più inquietante la pandemia è stata, secondo me, che tutta la riflessione si è svolta su un piano falsato.
Non si è detto con adeguata chiarezza che le cause sono da ricercare per molti studiosi nella struttura antropocentrica del nostro mondo.
Diciamocelo chiaramente: esiste una correlazione tra inquinamento e diffusione del covid 19
Nel tentativo di aprire una riflessione vi propongo due articoli di Enzo Ferrara, fisico e scienziato della dvulgazione.

Il primo è una cronistoria della diffusione del virus ma introduce l'elemento per me nodale: il rapporto tra inquinamento e diffusione

LEGGI  QUI L'ARTICOLO

Nel secondo articolo si tenta di riflettere sul valore dell'epidemiologia nel contesto delle gradi trasformazioni moderne

LEGGI QUI L'ARTICOLO

Entrambi gli articoli sono stati presi dalla rivista gli asini un cantiere culturale veramente molto prezioso in questi tempi bui.

martedì 17 marzo 2020

Costituzione, crisi sanitaria ed ambiente: intervista al Prof. Carlo Iannello

L'emergenza sanitaria si sta sviluppando in un momento storicamente molto delicato, in cui vengono in rilievo questioni istituzionali di notevole importanza come ad esempio l'autonomia regionale.
Su questi temi ho ascoltato con interesse il Prof. Carlo Iannello, docente di Diritto Pubblico alla II Università di Napoli

lunedì 16 marzo 2020

TUTELA DELLA SALUTE O DELLA LIBERTA'? INTERVISTA AD UGO MATTEI

Ugo Mattei, insegna Diritto Internazionale e comparato all'Università della California, Hastings College of the Law, San Francisco e Diritto civile all'Università di Torino

 La crisi connessa alla diffusione del Covid19 è anche uno snodo attraverso cui l'economia liberale accelera la sua ristrutturazione. Siamo messi al cospetto di problematiche inedite. E' stato un vero onore potermi confrontare col Prof. Ugo Mattei: 

Professore viviamo una fase a quanto pare inedita. Veramente bisogna scegliere tra tutela della salute e libertà?
Le nostre conoscenze oggi sul virus inducono alla prudenza e le precauzioni vanno prese. Ma da qui a sospendere interamente la politica e le libertà’ civili ne passa. Ho l’impressione che questo sia un caso molto simile a quello descritto da Naomi Klein nel suo libro sul capitalismo dei disastri. Si coglie al volo l’occasione per aumentare esponenzialmente la sorveglianza e al contempo saccheggiare le risorse pubbliche.

Come si sta trasformando il capitalismo e la sua economia?
   Il capitalismo si sta trasferendo sulla piattaforma dove le concentrazioni di potere sono molto più significative che nell'economia reale e dove ogni rapporto non è mediato dal diritto ma dal potere di fatto della tecnologia. Internet è la nuova frontiera dove si sperimentano le pratiche che poi determineranno (e già’ determinano) anche la nostra vita off line.  Un attacco virus su internet determina il nostro essere completamente alla merce’ del nostro provider. Ecco fuor di metafora, il virus ci rende terrorizzati e docili, ci colpevolizza e ci fa cercare la protezione della scienza e della tecnologia che possono così sospendere completamente la politica.

Esiste un collegamento tra questa trasformazione e lo stato giuridico d'eccezione?
Certo che esiste. Il diritto non serve online e in questi giorni veniamo portati a credere che non serva neppure offline. Accettiamo docili e rassegnati la nostra trasformazione da cittadini a pazienti. Del resto lo stesso Conte si scherma dietro un fantomatico “comitato tecnico-scientifico” quando decide le sue misure eccezionali che nessuno può’ permettersi di contestare ma che anzi supportiamo con orgoglio patriottico (che è sempre una cosa un po’ fascista). Sono misure tecniche non politiche. Servono per guarire un corpo sociale malato. Proprio come fu con le ricette dell’Austerity di Monti solo che allora lo scienziato era l’economista mentre adesso è il medico.

 Cosa intende quando parla di ecologia del diritto nei sui meravigliosi libri Ecologia del Diritto e Punto di Svolta?
Cerco di discutere di una giuridicità’ nuova profondamente politica che ciascuno di noi può’ e deve portare con sè per riportare la comunità’ umana ad uno sviluppo armonico e non suicida. Solo l’ecologia del diritto può’ davvero vaccinarci dai tanti virus, reali o immaginari che mettono in discussione il nostro futuro

 Cosa ne pensa dell'idea che deriva dalle culture bioregionali o che fanno riferimento all'ecologia profonda di riconoscere soggettività giuridica alla natura?
Sono favorevole a questo riconoscimento. È un passaggio importante per togliere un po’ di antropocentrismo dalla struttura profonda del nostro diritto professionalizzato. Per questo con il Comitato Rodota’ www.generazionifuture.org abbiamo raccolto le firme per un’iniziativa popolare che metterebbe i beni comuni e le generazioni future al centro del nostro diritto civile dei beni. In questo modo avevamo proposto un innesto che potrebbe trasformare il nostro diritto in una direzione più’ ecologica e generativa dando nuovi strumenti interpretativi alla giurisprudenza. Il 6 marzo avevamo in programma la restituzione del nostro lavoro al Presidente della Camera. Ma poi è intervenuto lo stato di eccezione...

domenica 15 marzo 2020

La follia atropocentrica all'origine del coronavirus


Lo spillover  o "tracimazione" è un fenomeno per cui un patogeno passa da una specie ad un'altra. All'origine del Covid19 ci sarebbero gli allevamenti intensivi di animali, dove spesso non vengono rispettate norme di igiene ed il commercio di specie selvatiche.
In sintesi la totale mancanza di rispetto per la natura sarebbe la causa del terribile virus.
Mi è chiaro che la questione è complessa, ma ho trovato di estremo interesse il REPORT WWF.
Usare la quarantena per documentarsi e riflettere non credo sia una cattiva idea, così vi invito a leggere.

SCARICA QUI IL REPORT WWF 

domenica 8 marzo 2020

RETE BIOREGIONALE ITALIANA: INTERVISTA CON PAOLO D'ARPINI

Iniziamo a capire concretamente di cosa si parla quando parliamo di bioregionalismo, e lo facciamo con Paolo D'Arpini, referente della Rete Bioregionale Italiana

Cosa intendiamo quando parliamo di bioregionalismo?


"Questo termine non denota una appartenenza etnica bensì la capacità di rapportarsi con il luogo in cui si risiede considerandolo come la propria casa, come una espansione di sé. La definizione diviene appropriata nel momento in cui si vive in sintonia con il territorio e con gli elementi vitali che lo compongono.  Infatti chiunque può essere bioregionalista indipendentemente dalla provenienza di origine se segue la pratica dell’ecologia profonda, del vivere  in sintonia  con l'ambiente  e con la comunità dei viventi. E’ una convergenza, una osmosi, che si viene pian piano a creare fra noi ed il mondo in cui siamo immersi, come acqua nell'acqua.  E’ una presa di coscienza  olistica e conseguente azione solidale. E’ un aspetto essenziale della cura per la vita quotidiana e della presenza consapevole nel luogo."

Ultimamente si discute molto di "autonomia differenziata", cosa ne pensa?
"Ritengo che qualsiasi prosecuzione del sistema amministrativo basato sul regionalismo geografico-politico, com'è attualmente in vigore o come si vorrebbe "migliorarlo" in tal senso,  non rientri nel criterio  bioregionale. A questo proposito  vorrei  riaprire il discorso su quali istituzioni territoriali siano più congeniali e adatte all'attuazione dell'idea bioregionale.   Secondo me  gli enti regionali, come sono oggi delineati e costituiti, hanno assunto la funzione di mini-stati all'interno dello Stato. Le Regioni sono carrozzoni amministrativi che appesantiscono la spesa pubblica e non aiutano la politica territoriale ed i veri bisogni della popolazione. Un consigliere regionale dispone di stipendi e prebende e pensioni addirittura superiori a quelle di un parlamentare, non solo questo la gran parte delle spese per progetti regionali sono sovente in antitesi con le vere necessità degli ambiti e delle comunità bioregionali.  In verità l'istituzione delle Regioni come enti autonomi ha portato ad uno scollamento sociale delle varie comunità, all'aumento della burocrazia, alla crescita delle tasse, alla corruzione amministrativa ed alla occupazione clientelare effettuata dai vari partiti.  Ma qualcuno potrebbe obiettare che il territorio ha bisogno di istituzioni intermedie che fungano da cuscinetto tra lo Stato ed i Comuni e queste istituzioni possono essere le Province.  Oggi penalizzate e divenute simulacri amministrativi privi di reali compiti e di quasi nessuna importanza politica. In verità sono proprio le Province, dal punto di vista bioregionale, che danno un senso ed una identità alle comunità. La Provincia rappresenta l'emanazione culturale di una città capoluogo nell'ambito territoriale e nei comuni in cui si estende. Le Province andrebbero riqualificate,  con il sistema della democrazia diretta,  mentre dovrebbero essere aumentate ed elevate le loro competenze di governo del territorio. 
La cosa mi sembra logica anche nel contesto dell'appartenenza alla Comunità Europea che pian piano potrà assurgere ad una vera e propria Federazione, con una propria moneta sovrana (non emessa da banche centrali in realtà private) e soprattutto come legante per il senso di comune appartenenza delle genti della nostra Europa, culla e faro di civiltà. Un'Europa in cui le differenze di tradizioni e di cultura potranno essere degnamente rappresentate e salvaguardate  per mezzo delle Province che più strettamente rappresentano e garantiscono l'autonomia culturale e produttiva delle comunità,  esse rappresentano  il fulcro culturale bioregionale."  

Concretamente, quali potrebbero essere delle misure di natura bioregionale?


"Reitero ed approfondisco il discorso.   La costituzione di -a tutti gli effetti- nuove “repubblichette” (le Regioni) indipendenti all’interno del contesto nazionale ed europeo non  è un  vantaggio per la comunità, anzi porterà guai, delusioni ed odi… E di questo non abbiamo bisogno proprio ora che la crisi economica galoppante e la spinta allo sfacelo morale si fa più forte in Italia e nel mondo.
C’è bisogno di solidarietà e di capacità di riconoscersi con il luogo in cui si vive senza però cancellare l’unitarietà della vita e la consapevolezza che il pianeta è uno come una è la specie umana. Non si può continuare a separare la comunità degli umani su basi etniche o “sociali” o “religiose” o “politiche”, ecc… L’integrazione è solo una conseguenza del vivere in luogo riconoscendolo come la propria casa. Perciò il vero federalismo può essere solo bioregionale ed il riconoscimento con il luogo di residenza deve avvenire nelle forme più semplici e vicine al contesto socio/ambientale in cui si vive. Questo contesto è  in primis il paese e quindi il capoluogo che riunisce una serie di paesi in una comunità facilmente riconducibile ad una identità condivisa. Questa è la “Provincia”. Le Province lungi dal dover essere eliminate dovrebbero anzi assurgere al ruolo rappresentativo dell’identità locale e tale riconoscimento non alienerebbe la comunione ed il senso di appartenenza all’Europa ed al mondo bensì aiuterebbe il radicamento al luogo in cui si vive e la responsabilizzazione a mantenerlo sano e compatto. C’è inoltre da dire che dal punto di vista storico le Province da tempo immemorabile hanno rappresentato il “luogo di origine” mentre le Regioni sono state create massimamente a tavolino per soddisfare esigenze politiche indifferenti alla comunità. Vedesi la costituzione del Lazio, formato per soddisfare le esigenze di una città che doveva essere la capitale di un nuovo impero, costituito smembrando la Tuscia, rubando territori all’Umbria (Rieti) e aree all’ex Regno di Napoli (Formia, Gaeta, etc.)".


La sua è anche una riflessione spirituale?

"Il bioregionalismo è una forma attuativa dell'ecologia profonda. Nel senso che l'ecologia profonda analizza il funzionamento delle componenti vitali e geomorfologiche ed il bioregionalismo riconosce gli ambiti territoriali in cui tali componenti si manifestano.
Per fare un esempio concreto: il funzionamento generale dell'organismo vivente viene compreso attraverso il riconoscimento e lo studio delle sue funzioni vitali e dei modi in cui tali funzioni si manifestano. Il bioregionalismo individua gli organi specifici che provvedono a tale funzionamento e le correlazioni fra l'organismo e l'insieme degli organi che lo compongono, descrivendone le caratteristiche e la loro compartecipazione al funzionamento globale. Per cui non c'è assolutamente alcuna differenza fra ecologia profonda e bioregionalismo, sono solo due modi, due approfondimenti, per comprendere e descrivere l'evento vita.
Nell'individuazione e comprensione  di questo processo "vitale"  va inserito come terzo elemento componente “l'osservatore”, cioè l'Intelligenza Coscienza che anima il processo conoscitivo. Ovvero la capacità osservativa e lo stimolo di ricerca e comprensione della vita che analizza se stessa. Anche questo processo di auto-conoscenza, ovviamente, è parte integrante del processo individuativo svolto nell'ecologia profonda e nel bioregionalismo. A volte questa intelligenza intrinseca nella vita è anche detta "biospiritualità" o "spiritualità laica" - E cosa si intende per biospiritualità?  Questa è l’espressione, l’odore sottile, l'esperienza-conoscenza, che traspira dalla materia tutta. Il sentimento di costante presenza indivisa, la consapevolezza dell’inscindibilità della vita, riconoscibile in ogni sua forma e componente, partendo dal “soggetto” percepiente.  Conoscenza "suprema" è la consapevolezza che tutto quel che “è” lo è in quanto tale. Perché l’esistente è uno, non può esserci “altro”…"

Quali sono le radici dell'idea bioregionale?

"La parola "Bioregionalismo" come pure il termine "Ecologia profonda" sono neologismi coniati verso la fine degli anni '70 del secolo scorso, rispettivamente da Peter Berg e da Arne Naess, uno scrittore ed un ecologista, ma rappresentano un modo di vivere molto più antico, che anzi fa parte della storia della vita sul pianeta ed ha contraddistinto quasi tutte le civiltà umane (sino all'avvento dell'industrializzazione selvaggia e del consumismo). Diciamo che il "bioregionalismo" indica un modo di pensare che muove dall'esigenza profonda di riallacciare una relazione sacrale con la terra. Questo rapporto si conquista partendo dalla volontà di capire -riabitandolo- il luogo in cui viviamo assieme alla variegata comunità di tutti i viventi. Una bioregione infatti non è un recinto di cui si stabiliscono definitivamente i confini ma una sorta di campo magnetico (aura - spiritus loci) distinguibile dai campi vicini solo per l'intensità delle caratteristiche che formano la sua identità, alla stessa stregua degli esseri umani, contemporaneamente diversi e simili l'uno all'altro.
L'inizio della divulgazione dell'idea  bioregionale in Italia risale alla metà degli anni '80 del secolo scorso, che apparve su varie riviste e giornali (AAM Terra Nuova,  Frontiere,  ecc.) in cui si cominciò a parlare dell'idea bioregionale. In seguito nel 1996, assieme ad altri ecologisti, fondammo la Rete Bioregionale Italiana, avvenne a Monte Rufeno (Acquapendente - Viterbo). Vorrei qui ancora una volta precisare che l’attuazione dell’idea bioregionale e dell’ecologia profonda non sta nel ritirarsi in campagna, bensì nel vivere pienamente in sintonia, essendone parte integrante inscindibilmente connessa, con la vita che si manifesta nel luogo in cui si è, che sia una montagna, un’isola, una città od un ashram. È anzi necessario che l’ecologia profonda, come era nell'indirizzo preferito da Peter Berg,  sia vissuta soprattutto negli ambiti urbani in modo da contagiarne  e sensibilizzarne gli abitanti,  riequilibrando e riavvicinando la  società umana all’ambiente circostante. Su questa posizione insisto ancora oggi con costanza, inserendovi elementi di ecologia sociale ed anche politica."

 Assistiamo recentemente al moltiplicarsi di immense conurbazioni, cosa ne pensa?

"Certamente le grandi metropoli sono un cancro sia per l'ambiente che per la vita comunitaria  ma non rinnego la necessità aggregativa della nostra specie. Certo non scivolando nei sistemi parossistici in cui siamo arrivati, in questa società fortemente urbanizzata e virtualizzata.
Essendo vissuto per moltissimi anni in un contesto urbano -sono nato e vissuto a Roma ed ho anche abitato a Verona per diversi anni della mia vita- ed avendo anche tentato per circa 33 anni un esperimento di ri-abitazione in un piccolo borgo abbandonato, Calcata, con conseguente tentativo di ricostituire o -perlomeno- avviare un processo di comunità ideale (non so con quale successo...), posso affermare che massimamente il mio procedere "bioregionale" si è svolto in un ambito  "cittadino". Ma attenzione, essere un cittadino non significa esclusivamente abitare in città bensì vuol dire riconoscersi in un "organismo" di civiltà umana.
Dal 2010 mi sono trasferito in una cittadina delle Marche, Treia, e questo è un successivo passo avanti verso la mia ricerca di una sistemazione sociologica ideale... Infatti Roma è abitata da oltre 6 milioni di persone, è insomma una metropoli, Verona conta quasi mezzo milione di abitanti, Calcata meno di mille... Mentre Treia arriva quasi a diecimila. Insomma sto cercando una giusta via di mezzo, adatta al mantenimento di un sano rapporto con l'ambiente e gli animali senza dover rinunciare ai vantaggi della  cultura e della "civitas", essendo noi umani esseri altamente socializzanti..."

Chi volesse approfondire il bioregionalismo come può fare?
 "Occorre cominciare a sperimentare sul campo. Chiedendosi ad ogni azione "è questo ecologicamente compatibile?". Incontrarsi di tanto in tanto per scambiare i nostri esperimenti e programmi è anche necessario.  In tal senso si può aderire alla Rete Bioregionale Italiana, ricevere e dare informazioni e  partecipare agli incontri. Come fare?  E' sufficiente riconoscersi nel Manifesto della Rete (http://retebioregionale.ilcannocchiale.it/), che comunque non è una bibbia ma una indicazione di massima,  confermando il proprio interesse e desiderio di partecipazione scrivendo a: bioregionalismo.treia@gmail.com  – oppure all'indirizzo postale del  Referente: Paolo D’Arpini, via Mazzini, 27 – 62010 Treia (Mc)  - Tel. 0733/216293"

 Ci consiglierebbe un libro ed un album musicale?
"Per quanto riguarda la musica ed il canto, di cui sono io stesso un appassionato cultore, debbo dire che preferisco l'estemporaneità e la musica dal vivo, senza strumenti elettronici, per cui non  potrei consigliare alcun album ma solo invitare gli amici a compartecipare alle nostre sessioni di canto e musica. Ad esempio  partecipando ai nostri incontri bioregionali che si svolgono durante l'arco dell'anno e contribuendo ed iscrivendosi al nostro notiziario telematico giornaliero "Il Giornaletto di Saul"  (iscrizione gratuita ed info: saul.arpino@gmail.com).

Per quanto riguarda l'approfondimento librario, consiglio l'ultimo  testo edito dalla Rete Bioregionale Italiana (e da me curato),  "Riciclaggio della memoria. Appunti, tracce e storie di ecologia profonda, bioregionalismo e spiritualità laica" (http://www.tracce.org/D'Arpini.htm) che può essere ordinato contattando il curatore editoriale, Michele Meomartino: meomartinomichele@gmail.com


giovedì 5 marzo 2020

E SE INIZIASSIMO A RIFLETTERE SULL'IPOTESI BIOREGIONALE?


Il dibattito politico sembra chiuso in una forma granitica, quella dell'autonomia differenziata. Credo si debba imparare ad aprire la nostra mente ad altre prospettive.
Sarebbe molto interessante se si iniziasse a riflettere sul bioregionalismo.
L'idea di base è che la costruzione regionale, così come strutturata in Costituzione, e' tutta "politica". Si probabilmente uso in modo improprio il termine politico, riassumendo in esso tutta una serie di aspetti economici, produttivi, istituzionali che non approfondisco qui.
Forse il "politico" dovrebbe essere ricollocato nel campo della vita (bios).
Così bisognerebbe immaginare nuovi lineamenti di geografia naturale, che abbiano come tratti fondanti bacini idrografici, versanti montami, aree marine, animali nativi, piante.
Peter Berg, nell'introduzione a Bioregional Anthology of Northen California scrisse: "Le regioni naturali sono l'immagine della biosfera". Le nostre città non sono entità fluttuanti su astrazioni, esse sono incentrate nelle bio-regioni ed e' inevitabile quindi che la politica debba immaginare un grande sforzo di "ripristino" della natura, attraverso riforestazioni, percorsi di formazione ed una vera e propria educazione bio-regionale, messa a dimora di piante autoctone, sviluppo di forme di produzione non devastanti per l'ambiente, organizzazione viabilità, riuso.

martedì 3 marzo 2020

I DIRITTI DI MADRE NATURA: intervista a NICOLAI LILIN: "Ho scelto di scrivere un libro in cui protagonista fosse la natura, rappresentata proprio dalla Taiga"


Quando Nicolai Lilin ha acconsentito ad una mia intervista devo dire che una sottile emozione mi ha attraversato.
Non capita certo tutti i giorni che il tuo scrittore preferito decida di fermarsi a riflettere con te. Pubblico ciò che ne è venuto fuori.
Per quel che mi riguarda queste parole andrebbero lette e rilette poiché in un tempo in cui sembra prevalere la natura effimera delle cose, esse ci riportano ad una visione intima, reale e profonda della vita.



 Caro Nicolai, il tuo ultimo libro "Le leggende della tigre"edito Einaudi,  sembra avere un'anima ambientalista. E' Così?

Si, esattamente. L'idea del mio novo romanzo è nata proprio durante il mio ultimo viaggio in Siberia. Amo questa terra, la rispetto e rimango male quando vedo i segni della sua sofferenza.
Durante quel viaggio sono stato testimone di un caso abbastanza preoccupante. Una tigre denutrita era uscita della foresta e si era gettata sotto l'automobile sulla strada. Per fortuna l'autista riuscì a manovrare e l'animale fu salvato. Hanno chiamato i veterinari e quando arrivarono, mi dissero che non era la prima volta che succedeva. La causa di questo comportamento disperato è l'uomo che avanza sempre di più nella foresta con le tecnologie industriali, distruggendo gli habitat di molti animali, cosi quelli migrano e le tiri, che sono territoriali e raramente abbandonano la loro zona, rimangono affamate, così  lentamente muoiono. 
Nei casi più estremi, gli animali escono dalla foresta e si gettano verso le automobili, quasi come a protestare contro la follia dell'uomo che distrugge la natura. 
Quindi ho voluto scrivere un libro in cui protagonista fosse la natura, rappresentata proprio dalla Taiga, foresta siberiana.

 Quest'estate ti ho seguito sui social mentre raccontavi i devastanti incendi che ci sono stati in Siberia. Cosa è accaduto?

Purtroppo gli incendi ci sono ogni anno e di solito avvengono per  cause naturali, mentre  la scorsa estate,  erano dovuti alle attività dell'uomo, ovvero alla selvaggia deforestazione dei boschi, che viene applicata illegalmente dalle aziende private che corrompono gli amministratori locali e fanno con il bosco quello che vogliono.
Dopo aver tagliato gli alberi, di solito chi esegue questi lavori pulisce i tronchi direttamente sul luogo e il materiale residuo che rimane per terra viene bruciato. Così le aziende nascondono le tracce della propria attività, dando la colpa della deforestazione agli incendi. L'estate passata era molto calda e secca, praticamente senza piogge e molto ventilata, quindi il fuoco in meno di due mesi ha distrutto quindici milioni di ettari di Taiga.   

Ed ora come è la situazione?

Adesso il fuoco non brucia, la Siberia è coperta dalla neve, però rimangono accese nelle profondità le piastre della torba, che con l'arrivo di primavera, con lo scioglimento della neve e del ghiaccio, potranno nuovamente causare i disastri. 

 Nel tuo libro talvolta emerge un'immagine in base alla quale la Taiga sembra quasi avere un'Anima. E' così?

Io credo che nella Natura ogni cosa possieda un’anima, ogni elemento vivo è legato con tutto il resto, proprio attraverso quell'energia universale che molti chiamano anima. La taiga, a chi provasse a visitarla,  sembrerebbe non solo  avere un'anima, ma essere un'entità viva, con un proprio carattere, con il proprio modo di agire e comportarsi.
Si tratta di un complesso ecosistema che segue un'armonia composta da molte entità, quando lo vedi da vicino, e lo  vivi dall'interno, è incredibilmente forte, ti dà la sensazione di appartenere a quel mondo. Molte persone non riescono a sopportarlo e fuggono, altri al contrario, rimangono affascinanti e addirittura dipendenti e vi ritornano spesso, oppure rimangono a vivere nella foresta. Tutto dipende dalla sensibilità che ognuno ha.  

 A che servono le storie che raccontano di uomini, animali e natura? Ci sono degli scrittori contemporanei che ti piacciono?

Le storie in generale servono per animare una delle parti più importanti del nostro essere, ovvero la nostra mente, la coscienza. Quelle che raccontano la vita egli animali, che parlano della natura, degli uomini che vivono in stretto contatto con essa, ci insegnano il rispetto e l’armonia, non solo per gli altri e per il modo circostante, ma sopratutto per noi stessi, visti come una parte di quel grande universo.
Sai, vedere l'uomo al centro dell'universo, il padrone di tutto, non è molto furbo e non posso chiamarlo neanche molto egoista, perché se una persona egoista si preoccupasse del proprio bene, dovrebbe sapere che mettendo se stesso al centro di tutto, in pratica si condanna all'estinzione. 
Per questo io da sempre ero affascinato dalle storie nelle quali la natura non era qualcosa da conquistare, sottomettere, oppure sfruttare, ma nelle quali traspariva la via di un rapporto equilibrato con il mondo che ci circonda, che insegnavano il rispetto per quello che si trova attorno a noi e dentro di noi.
Le storie siberiane sono piene di questi messaggi ed insegnamenti, per questo le amo.
Io leggo molto e volentieri, secondo me leggere in sé è già un'abitudine utile ed importante. Mi piacciono diversi scrittori, per lo più classici, ma anche molti contemporanei mi entusiasmano.
Per rimanere fedele al tema della natura, però, sfrutto l'occasione per ricordare un grande scrittore sovietico Vitalij Bianchi. I suoi racconti per ragazzi sulla natura, sui cacciatori, sulla foresta e sopratutto sugli animali, che spesso erano protagonisti assoluti, sono davvero bellissimi e preziosi, veri gioielli letterari.  

 Ci consigli un disco o un artista musicale che proprio valga la pena ascoltare?

Io ascolto diversi generi di musica, dal rock a quella classica. Quando disegno mi faccio accompagnare dalle opere di Mozart, consiglierei a tutti di approfondire, sia la musica che i libretti, sono dei gioielli artistici di grande valore. 

 Ad un certo punto del tuo racconto, Maxim, uno dei protagonisti, afferma che il nostro modo di stare al mondo è come se dovessimo vivere in eterno. Dove ci sta portando secondo te l'evoluzione scientifica? Temiamo ancora la morte?

Il problema non è nell'evoluzione scientifica, che ben venga, purché equilibrata con tutto il resto. Il problema della nostra società moderna è che spesso è unidirezionale.
Purtroppo spesso in seguito alle nostre chimere quotidiane, dimentichiamo che per vivere una vita piena e ricca da tutti i punti di vista, ma sopratutto da quello spirituale, abbiamo bisogno di realizzarci  in direzioni diverse, mentre la struttura del mondo moderno e la cultura di consumo frenetico, ci obbliga a  cambiare questa nostra impostazione naturale: da qui tutti i nostri problemi.
Il problema non è il timore della morte, ma la nostra tendenza ad allontanare l'idea che siamo mortali, che e’ in sé sbagliata.
 Intanto chi ha detto che la nostra esistenza, così come la conosciamo, ha alla base lo stesso modello che governa l'universo? Chi ci assicura che quello che noi chiamiamo  vita, non sia semplicemente una concentrazione temporanea dell'energia universale, e quello che noi chiamiamo  morte, a questo punto,  una semplice mutazione della nostra energia in uno stato diverso?
Dobbiamo capire, che ogni grande problema che esiste, lo abbiamo creato noi stessi.
Io da piccolo ho passato molto tempo con le persone che avevano diversi disturbi mentali, all'epoca nel nostro quartiere ne abitavano parecchi. 
Mi ricordo che parlando con alcuni di loro ho scoperto che non comprendevano una serie di concetti fondamentali sui quali si basa tutta la nostra visione della vita. Molti non sapevano cosa fosse la morte, non riuscivano a comprendere il senso dell'invecchiamento, non davano importanza all'età che una persona ha, e per via di questo, erano molto sereni, avevano quella serenità interna che raramente si nota nella gente comune. In effetti io poi non l’ho incontrata in nessun altro.
Uno di questi, una volta diede il fuoco alla casa del vicino. Fu un gran disastro, tutto bruciò completamente. Quando gli chiesero il motivo di quel gesto, lui rispose che spesso sentiva il vicino di lamentarsi di non poter cambiare vita, di non poter andare a trovare un suo vecchio amico sull'isola di Sahalin, perché doveva badare alla casa, rimasta a lui in eredità dai genitori. 
Quella era la sua prigione. Alla fine, dopo che la sua casa è stata bruciata, quell'uomo, parecchio disperato, bisogna ammetterlo, partì per l'isola di Sahalin e  trovò lì lavoro, moglie, ebbe figli e finalmente raggiunse delle soddisfazioni e la serenità.
La prima cosa che fece quando venne a trovarci nel nostro quartiere è stata andare ad abbracciare, baciare e ringraziare con le lacrime agli occhi quel matto che qualche anno prima diede il fuoco alla casa sua.
Dopo quei fatti ho inteso che la nostra mente, la coscienza, se appesantita e ingabbiata dai preconcetti che noi riceviamo con l'educazione e sviluppiamo durante la vita, spesso ci danneggia, sopratutto se non siamo in grado di trovare l'equilibrio tra questi concetti e la realtà, sempre dinamica è soggetta a mutamenti. Credo che questa nostra ossessione per il concetto fasullo dell'eterno sia qualcosa di profondamente castrante. L'esistenza è uno continuo susseguirsi delle forme dell'energia, alla quale gli scienziati non sono stati ancora in grado di dare una definizione concreta. Se questo è l'eternità, allora non dobbiamo nemmeno pensarci, è inutile, meglio concentrarsi sull'equilibrio e la positività di questa parte della nostra esistenza.